Mantenimento non dovuto: deve essere restituito?

Nell’ambito della separazione può essere disposto un assegno di mantenimento a carico di uno dei due coniugi ed a favore dell’altro e degli eventuali figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti. Nel caso in cui però un provvedimento successivo del giudice stabilisca che quell’assegno non fosse dovuto, chi lo ha versato ha diritto a vedersi restituire le somme corrisposte?

Proviamo a fare un esempio concreto.

Tizio e Sempronia hanno un figlio, Caietto, e dopo alcuni anni di matrimonio si separano. Tizio in base all’ordinanza presidenziale contenente provvedimenti provvisori ed urgenti deve corrispondere a Sempronia e Caietto l’assegno di mantenimento.

Dopo due anni di processo arriva la sentenza conclusiva con la quale il tribunale riduce l’importo di entrambi gli assegni di mantenimento.

Tizio potrà chiedere ed ottenere la restituzione di quanto versato?

La questione, apparentemente semplice, in realtà richiede un approfondimento attento.

Anzitutto, dobbiamo contemperare due principi diversi:

a) irripetibilità del mantenimento;

b) retroattività del provvedimento giudiziale al momento della domanda

a) L’assegno di mantenimento è irripetibile ossia non deve essere restituito. A questa affermazione è giunta la giurisprudenza maggioritaria, assimilando il mantenimento al credito alimentare. Gli alimenti sono quel credito che è dovuto a chi si trovi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento, ai sensi dell’art. 438 c.c. Gli alimenti sono impignorabili, non compensabili ed irripetibili, ossia chi li ha ricevuti non deve restituirli. Assimilando il mantenimento agli alimenti si afferma quindi che anche il mantenimento sia irripetibile e non debba perciò essere restituito.

b) La retroattività della sentenza di separazione al momento della domanda significa che la sentenza conclusiva con la quale il tribunale abbia, nel caso oggetto dell’esempio, revocato l’assegno di mantenimento, produce i suoi effetti dal momento della domanda di Tizio, ossia dai due anni precedenti.

Questi due principi devono essere coordinati tra loro.

Cosa significa?

Tornando all’esempio, Tizio non dovrà più versare alcunché a Sempronia e Caietto.

E le somme che nel frattempo ha versato?

Le somme versate sono perse, non potrà chiedere la restituzione (irripetibilità).

Quelle non corrisposte invece non sarà più tenuto a versarle (Cass. Ordinanza n. 23024/2019).

Tuttavia, dai provvedimenti emessi dalla stessa Corte di Cassazione nonché dai provvedimenti dei tribunali di merito, emerge un panorama estremamente più complesso ed orientamenti contrastanti.

In questa sede proverò a sollevare alcuni degli aspetti più problematici che sono stati poi oggetto di una ordinanza interlocutoria proprio della Cassazione, prima sezione, che ha rimesso la questione alle sezioni unite lo scorso 24 novembre.

Un primo aspetto significativo riguarda la distinzione tra assegno di mantenimento a favore del coniuge e assegno a favore dei figli non autosufficienti.

Il mantenimento dei figli è dovuto infatti finchè questi non siano economicamente indipendenti. Il suo fronteggiare quindi uno stato di bisogno potrebbe portare a far coincidere senza indugi l’assegno di mantenimento del figlio con l’assegno alimentare, rendendolo perciò irripetibile (Cass., Sez. VI-I, 24/10/2017, n. 25166; Cass., Sez. VI-I, 4/07/2016, n. 13609; Cass., Sez. I, 10/12/2008, n. 28987).

Tuttavia, si ravvisano diverse pronunce in occasione delle quali, invece i giudici hanno condannato i figli che avevano ricevuto l’assegno non dovuto – o il genitore che lo aveva percepito per loro – a restituire gli importi indebiti (Cass. 3659/2020) oppure a restituire quella parte di assegno che non avesse natura eminentemente alimentare (Cass. 11489/2014).

Quanto al mantenimento del coniuge, invece, l’assegno separativo trova la sua fonte nel dovere di assistenza materiale tra i coniugi e non nella incapacità della persona beneficiaria di provvedere alle proprie necessità. Emerge perciò sin da ora una non perfetta coincidenza tra mantenimento del coniuge e alimenti. Perciò si potrebbe dire che il mantenimento del coniuge non sia irripetibile, o che non lo sia completamente e debba perciò essere restituito se non dovuto e che ne debba essere restituita quella parte in esubero priva di carattere alimentare.

In altri casi invece i giudici hanno affermato la natura alimentare dell’assegno di mantenimento (Corte Costituzionale, sentenza n. 17/2000). Ciò trova conferma anche nella costante giurisprudenza della corte di cassazione che qualifica la domanda relativa agli alimenti un “minus necessariamente compreso in quella di mantenimento, muovendo dall’unitaria funzione di sostentamento che caratterizza i relativi crediti” (Cass., Sez. VI-I, 21/11/2017, n. 27695; Cass., Sez. I, 8/05/2013, n. 10718; Cass., Sez. III, 16/06/1997, n. 5381).

La natura alimentare del mantenimento emerge poi chiaramente anche con riferimento ai provvedimenti provvisori ed urgenti, dei quali si nega la ripetibilità delle somme erogate in eccesso in quanto “l’assegno provvisorio è ontologicamente destinato ad assicurare i mezzi adeguati al sostentamento del beneficiario, il quale non è tenuto ad accantonarne una parte in previsione dell’eventuale riduzione” (Cass., Sez. I, 23/04/1998, n. 4198; in termini Cass., Sez. I, 12/04/1994, n. 3415; Cass., Sez, I, 18/09/1991, n. 9728; Cass., Sez. I, 10/05/1984, n. 2864,).

Spesso però in giurisprudenza è stata messa in rilievo anche l’entità del mantenimento, così se si trattava di importi molto ridotti si era portati a riconoscerne la non ripetibilità, sull’assunto che verosimilmente si trattasse di quanto necessario per il sostentamento e che di fatto, quindi, fossero soli alimenti (Cass. 6864/2009).

E ancora, queste considerazioni valgono anche per l’assegno divorzile? È  irripetibile oppure se non dovuto deve essere restituito? Anche a questo proposito si registrano pronunce di questo avviso (Cass. 28646/2021), eppure anche in questo caso potremmo assibilarlo in parte all’assegno alimentare.

Queste ed altre considerazioni hanno portato i giudici della Prima sezione della Cassazione a rimettere la questione davanti alle Sezioni Unite con i seguenti quesiti:

“a) se i crediti afferenti agli assegni che traggono pretesto dalla crisi del rapporto di coniugio ripetano tutti indistintamente i caratteri della irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità propri dei crediti alimentari;

b) se i caratteri di cui sopra possano farsi dipendere dall’entità delle somme erogate a tali titoli e se, in particolare, se ne renda obbligato il riconoscimento in presenza di importi di ammontare modesto che inducano a ravvisare la destinazione paraalimentare;

c) se nel caso in cui sia in discussione la non debenza dell’assegno sia possibile scorporare da esso ai fini di riconoscervi i caratteri di cui sopra, la quota di esso avente destinazione paraalimentare;

d) se il regime giuridico individuato in base all’accertamento da condursi in relazione al punto a) sia estensibile anche all’assegno in favore dei figli maggiorenni non autosufficienti di cui venga accertato l’indebito” (Cass. 36509/2021).

L’ordinanza interlocutoria è del 24 novembre 2021, perciò non abbiamo ancora una risposta delle Sezioni Unite sul punto.

Restiamo quindi in attesa di questa pronuncia che, come evidente, avrà importanti risvolti pratici.

Al prossimo aggiornamento.

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