Il caso
In primo grado la moglie aveva ottenuto un mantenimento di tremila euro mensili dal marito, ma in secondo grado aveva proposto appello che veniva parzialmente accolto e l’assegno aumentato ad euro quattromila.
Il marito ricorreva così in Cassazione lamentando che i giudici del secondo grado avessero aumentato l’importo dell’assegno senza considerare il tenore di vita goduto dalla donna.
Inoltre, a parere dell’uomo, la Corte non aveva esaminato la reale capacità economica della moglie, i cui redditi a suo dire non giustificavano un aumento dell’assegno.
Era lui invece a dover mantenere anche i figli nati dalle sue precedenti nozze e questo elemento doveva essere tenuto in considerazione poiché incidente sulla sua capacità reddituale.
La decisione dei giudici
I giudici hanno rigettato il ricorso e dato torto al marito.
Secondo la Cassazione la Corte d’Appello aveva fatto corretta applicazione dell’orientamento consolidato della stessa Suprema Corte.
La separazione personale, infatti, a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale.
Pertanto, i “redditi adeguati” cui va rapportato l’assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della pronuncia di addebito della separazione, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
Durante la separazione, infatti, rimane ancora attuale il dovere di assistenza materiale (Corte di Cassazione n. 16809/2019).
Corte di Cassazione, ordinanza n. 21504/2021